Il Polimero “terminator, guarisce spontaneamente e si ripara autonomamente
Guarisce spontaneamente e si ripara autonomamente senza alcun intervento esterno. E’ il polimero “Terminator” creato da un team di ricercatori dell‘IK4-CIDETEC Research Centre.
Il materiale creato, che potrebbe avere svariate applicazioni, non solo in robotica, percepisce la presenza di un danno e si ripara.
Il polimero “Terminator”, chiamato così in omaggio al modello T-1000 del film “Terminator 2 – Il giorno del giudizio” del 1991, è il primo auto-guaritore che non necessita di un catalizzatore e mostra le sue prodezze in un video dove si ripara completamente dopo essere stato tagliato in due da una lama di rasoio. Quando un danno è fatto, le fibre lo sentono e inviano un messaggio al sistema sotto forma di luce infrarossa che crea calore; poi il sistema si autoripara ricordando la sua forma originaria e tornando forte e resistente come prima della rottura.
Il sistema autoriparante imita le capacità del nostro corpo di curarsi, per esempio quando si rmpe un osso.
Il calore che le fibre inviano per comunicare il danno, ad esempio, è come il calore che si genera in una zona lesionata a causa dei processi infiammatori attivati dalla lesione. I ricercatori hanno poi studiato la possibilità di usare questo tessuto come sensore, per ricreare in formato digitale il nostro senso del tatto. La chiave per questo tatto artificiale sono le microsfere di nickel. Dal momento che il polimero si comporta come un isolante, gli elettroni si muovono a fatica al suo interno. Ma le sfere di nickel aiutano il percorso degli elettroni, come le rocce in mezzo ad un ruscello. “Saltando” da una sfera all’altra, gli elettroni possono così muoversi più facilmente nel materiale. La distanza fra le sferette determina l’energia richiesta agli elettroni per “saltare” da una roccia all’altra.
Applicando una piccola pressione sul tessuto, la distanza fra le sfere varia modificando quindi la conducibilità elettrica. Misurando il flusso di corrente elettrica che attraversa il materiale è quindi possibile determinare se la pelle artificiale è sottoposta a tensioni o pressioni. Secondo gli autori, in questo modo è possibile “sentire” la pressione corrispondente ad una stretta di mano. Per valutare meglio questa sensibilità i ricercatori hanno applicato il tessuto ad un piccolo manichino, dimostrando così la grande utilità di questo materiale per la realizzazione di protesi. Ma il campo delle protesi non è l’unica applicazione della nuova pelle artificiale. Come ricordano gli autori, questo materiale può avere notevoli applicazioni anche in altri campi, a Stanford infatti stanno anche pensando a come rendere il materiale trasparente, in modo da creare patine di rivestimento per circuiti o schermi touchscreen.
C’è poi l’interessante possibilità di creare robot umanoidi sempre più realistici ed indistinguibili dagli esseri umani.
Ma niente paura: da qui ai Terminator, per fortuna la strada è ancora lunga!
http://www.segnidalcielo.it/2014/05/20/il-polimero-terminator-guarisce-spontaneamente-e-si-ripara-autonomamente/