#Giocare con i touchscreen rallenta l’apprendimento dei bambini
I famigerati “touchscreen”, o schermi tattili, come i più sanno sono particolare dispositivi frutto dell’unione di uno schermo ed un digitalizzatore, che permette all’utente di interagire con un’ interfaccia grafica mediante le dita. Lo schermo tattile per le sue caratteristiche riesce a sostituire le funzioni del mouse e in molti casi anche della tastiera. Ormai di uso comune e diffuso specie tra i più piccoli che iniziano a giocarci ed interagire prima ancora che sappiano parlare, i touchscreen dei vari tablet e smartphone, non sarebbero per niente utili allo sviluppo cognitivo e delle abilità, perché non solo non fanno imparare più in fretta, ma rischiano di fare dei danni.
Per imparare a parlare, manipolare oggetti e relazionarsi con gli altri, spiegano gli esperti del “Cohen Children’s Medical Center di New York”, non c’è niente di meglio delle parole di mamma e papà e dei giocattoli tradizionali. A tale scopo è stata condotta un’analisi basata su 63 coppie, i cui figli avevano avuto il ‘primo contatto’ con un touchscreen in media a 11 mesi e per 17,5 minuti al giorno e con punte di 4 ore. Le attività principali per i bimbi sono risultate ‘guardare show educativi’ (30%), usare applicazioni educazionali (26), premere a caso lo schermo (28) e fare giochi non educativi (14). Anche se il 60% dei genitori si è detto convinto che l’uso dei dispositivi produceva un ‘beneficio nell’educazione’ nei piccoli, i test cognitivi condotti dagli studiosi hanno dimostrato che non c’era nessuna differenza tra i bambini avvezzi agli schermi tecnologici e quelli non avvezzi. Anzi, nei piccoli che giocavano con applications non educative si è notato un ritardo nello sviluppo del linguaggio. ”Abbiamo osservato nella nostra clinica che il giocattolo numero uno che i genitori danno ai figli sono gli smartphone – afferma Ruth Milanaik, l’autore principale dello studio – che ormai ha sostituito i libri e i giocattoli ‘tradizionali’. La tecnologia però non può rimpiazzare il contatto diretto con i figli, che è la miglior fonte di apprendimento”. Quindi qualsiasi sia lo strumento o il gioco dato ai figli, è sempre di primaria importanza la mediazione educativa dei genitori nel processo di apprendimento, specie nei primi anni di vita.
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