Vaccino vs Harvard :uno studio dimostra che e' piu' pericoloso del covjd-stesso - Speranza Trema

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La narrativa del vaccino crolla mentre uno studio di Harvard mostra che Jab è più pericoloso del COVID , e Speranza e' sempre piu' coinvolto Leggiamo da : La narrativa del vaccino crolla mentre lo studio di Harvard mostra Jab più pericoloso del COVID (theflstandard.com)   come confermato da tutte le fonti citate al suo interno Poiché i booster che non sono stati testati sugli esseri umani vengono lanciati in tutto il paese, un nuovo studio indica che il jab è molto più pericoloso dello stesso COVID-19. E il CDC ha fornito false informazioni riguardo al tracciamento degli eventi avversi legati ai vaccini. Poiché i funzionari del governo e i media mainstream esortano i vaccinati a iniettare un secondo cosiddetto booster "bivalente" che si dice stia prendendo di mira la variante Omicron, si scopre che questa sostanza non è stata testata sull'uomo.  E l'unico studio sugli animali che è stato eseguito includeva otto topi . “Non è stato dimostrato in una sperimenta

Il consumo di pesce costituisce un rischio per la salute?Parte Seconda

Il consumo di pesce costituisce un rischio per la salute?Parte Seconda

Ho rivolto questa domanda, assieme ad altre, direttamente al Professor Corrado Piccinetti, Direttore Generale del Laboratorio di Biologia Marina e di Pesca dell’Università di Bologna in Fano (già Docente di lunghissimo corso di Ecologia presso l’Università di Scienze Unibo), che ho avuto il piacere di raggiungere nel suo laboratorio in provincia di Pesaro ed Urbino, nelle Marche.

Seconda Sezione
Facendo seguito alla Prima Sezione di domande rivolte al Professor Corrado Piccinetti, Direttore Generale del Laboratorio di Biologia Marina e di Pesca dell’Università di Bologna in Fano (già Docente di lunghissimo corso di Ecologia presso l’Università di Scienze Unibo), che ho avuto il piacere di raggiungere nel suo laboratorio in provincia di Pesaro ed Urbino, nelle Marche, ecco le risposte in merito all’inquinamento chimico e da metalli pesanti presente nei pesci pelagici, nelle cozze e nelle vongole.
Trattandosi di una intervista abbastanza lunga, abbiamo, in accordo con la Redazione, deciso di suddividerla in due sezioni. 
La prima sezione è visionabile nel precedente articolo. Di seguito, la seconda ed ultima parte.
 Buona lettura.
D: E’ comunemente accettata l’idea che cozze e vongole inglobino sporcizia chimica nel loro apparato digerente. 
È vero o è una leggenda metropolitana?

R: “E’ vero in parte. 
I mitili traggono sostentamento dai microorganismi presenti nell’acqua che intercettano filtrandola. Tutto ciò che è – per dirla semplice – liquido, non viene trattenuto, nemmeno se parliamo di sostanze chimiche disciolte nel mare. Ma se nelle immediate vicinanze vi fosse uno sbocco fognario, le cose si complicherebbero. Infatti dallo scarico delle fogne esce del composto che può essere digerito da cozze e vongole e, se queste venissero a contatto col vibrione o con la salmonella, cibandocene, ne verremmo a contatto anche noi. Perciò è sempre buona regola cuocere sia le cozze che le vongole ed accertarsi della loro provenienza. Limitare al massimo il consumo a crudo ed escluderlo del tutto, in caso di dubbio, pone al riparo da dissenteria e più gravi patologie”.

D: Quando ci rechiamo al ristorante per ordinare una spigola od un’orata, può capitare che ci venga richiesto se desideriamo un pesce di allevamento o pescato in mare aperto. La differenza sul conto è notevole, come saprà. Ma ci possiamo fidare di un ristoratore che propone entrambe le scelte, oppure si tratta di escamotage per illudere la clientela?

R: “A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca, ripeteva un noto politico recentemente scomparso. Tuttavia, visto e considerato che il 95% delle spigole e delle orate proviene da allevamento, rimane quel 5% che fa la differenza. E ne fa anche a vantaggio di quei ristoratori seri ed accorti che offrono qualità ai propri avventori”.

D: Lei, Professore, sarebbe in grado di riconoscere ad occhio i due tipi di pesce?

R: “L’unico parametro che potrebbe aiutare è poter dare uno sguardo alla cassetta del pesce: se vi si trovano tutti pesci della medesima taglia, è praticamente impossibile che provengano dal mare aperto. Diversamente, qualora le taglie fossero differenti le une dalle altre, allora è molto probabile che ci si trovi davvero davanti a pesce di cattura”.

D: Dare uno sguardo al pesce, dice. Quali consigli pratici possiamo offrire a chi desiderasse acquistare del pesce al mercato?

R: “La freschezza del prodotto è data fondamentalmente dalle condizioni generali. L’occhio deve presentarsi convesso, non concavo. Inoltre, ad una leggera pressione delle carni, queste dovrebbero risultare elastiche, compatte e capaci di tornare in forma senza che rimangano impresse le fosse dei polpastrelli. Per giunta, possiamo riconoscere un pesce fresco da uno che è stato in precedenza congelato dal colore dell’occhio: se troviamo una patina biancastra significa che non è fresco”.

D: Il consumo di pesce crudo (sushi, ostriche…) è molto in voga. Ma possiamo stare certi che non si celino rischi per la salute?

R: “Se il pesce è fresco non si corrono grossi rischi. Comunque il pericolo di intossicazioni esiste e non deve essere sottovalutato soprattutto da quelle persone che sono poco avvezze al consumo del crudo. In Puglia la popolazione è sostanzialmente immune, dal momento che il crudo fa parte della tradizione alimentare. Attenzione ai ristoranti che non hanno l’abbattitore!

D: Cosa è l’abbattitore?

R: “L’abbattitore è un frigorifero speciale al cui interno deve essere collocato il pesce prima che questo venga servito crudo. Infatti, all’interno delle viscere del pesce, trovano alloggio diversi parassiti che muoiono, diventando innocui per l’essere umano, se esposti alle basse temperature che l’abbattitore è in grado idi garantire. Se il pescato non venisse eviscerato immediatamente e posto, per i tempi previsti dai protocolli sanitari, all’interno dell’abbattitore, questi parassiti transiterebbero verso le carni dell’animale e, di conseguenza, qualora venisse ingerito crudo, questi parassiti terminerebbero all’interno dell’organismo umano. Le conseguenze possono essere assai dannose per la salute. Pertanto è bene accertarsi che il pesce crudo sia stato correttamente trattato a regola d’arte o, come suggerivo prima, che venga ingerito previa cottura, che azzererebbe ogni preoccupazione”.

D: In conclusione, ancora una domanda, sul mercurio stavolta. Si dice che i grandi pesci come il tonno, il pesce spada eccetera, contengano preoccupanti tassi di metalli pesanti nelle proprie carni. C’è qualcosa di vero oppure siamo di fronte all’ennesima leggenda metropolitana?

R: “Anche qui la faccenda è semplice da spiegare. I pesci di grossa taglia come il tonno, il pesce spada ma anche lo squalo od il delfino, sono tutti pesci che si collocano, per loro natura, all’apice della catena alimentare. Con ciò voglio dire che essi si nutrono di altri pesci di grandezza inferiore i quali, a loro volta, contengono nelle proprie carni una percentuale di mercurio che hanno assimilato cibandosi di pesci più piccoli e così via. Di conseguenza, più grande è il pesce più grande è il contenuto di mercurio. Ma questo non è certo dato dalla sua permanenza in acqua più lunga rispetto ad un pesce giovane! Ma è stata dal tipo di alimentazione che segue: l’ultimo della scala alimentare concentra al suo interno il totale degli altri”.

D: In che percentuale questi metalli sono presenti nei pesci grandi?

R: “Innanzi tutto è opportuno fare delle distinzioni: il metallo pesante si accumula prevalentemente nelle parti ad alto tasso di grasso e nella parte ventrale. Ma visto che le viscere non sono commestibili e che la parte grassa in un tonno costituisce una modesta porzione del suo corpo, il rischio si riduce da sé. Inoltre, in un grande pesce, la concentrazione è variabile ma pur sempre minima. Parliamo di uno 0,6 % medio. E, se a ciò aggiungessimo la capacità di espulsione propria del nostro organismo, a meno che non ci cibassimo per mesi e mesi di parti grasse di tonno, non vedo rischi. In passato sono state effettuate ricerche su soggetti pescatori che hanno seguito per anni diete a base di pesce ed i risultati non hanno rilevato nessun dato preoccupante. Anzi: godevano tutti in buona salute”.

Andrea Signini

http://www.signoraggio.it/il-consumo-pesce-costituisce-un-rischio-salute-parte-seconda/

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