Vaccino vs Harvard :uno studio dimostra che e' piu' pericoloso del covjd-stesso - Speranza Trema

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La narrativa del vaccino crolla mentre uno studio di Harvard mostra che Jab è più pericoloso del COVID , e Speranza e' sempre piu' coinvolto Leggiamo da : La narrativa del vaccino crolla mentre lo studio di Harvard mostra Jab più pericoloso del COVID (theflstandard.com)   come confermato da tutte le fonti citate al suo interno Poiché i booster che non sono stati testati sugli esseri umani vengono lanciati in tutto il paese, un nuovo studio indica che il jab è molto più pericoloso dello stesso COVID-19. E il CDC ha fornito false informazioni riguardo al tracciamento degli eventi avversi legati ai vaccini. Poiché i funzionari del governo e i media mainstream esortano i vaccinati a iniettare un secondo cosiddetto booster "bivalente" che si dice stia prendendo di mira la variante Omicron, si scopre che questa sostanza non è stata testata sull'uomo.  E l'unico studio sugli animali che è stato eseguito includeva otto topi . “Non è stato dimostrato in una sperimenta

Terapia del dolore.2: tolgono il dolore, ma fanno paura

Terapia del dolore.2: tolgono il dolore, ma fanno paura

 Eleonora Viganò 
SALUTE – Farmaci tosti, confusione, paure: sono gli elementi che allontanano chi soffre di dolore cronico da una soluzione al loro problema. 
In Italia più volte si legge che manca una rete di riferimento, una figura professionale a cui rivolgersi e il paziente resta solo, magari incompreso.
 Ne abbiamo parlato precedentemente
con Franca Benini, per dare voce al suo progetto e tracciare una sintesi del panorama attuale.
Ora cerchiamo di capire con Domenico Delfino, docente di farmacologia all’Università di Perugia, quali sono i farmaci di elezione per migliorare la qualità di vita di chi soffre di dolore cronico.
Quali sono le difficoltà terapeutiche del dolore cronico?
Per prima cosa il dolore acuto e quello cronico sono differenti sia nella patogenesi sia di conseguenza nelle terapie efficaci.
 I farmaci contro il dolore acuto trovano difficilmente possibilità di applicazione per la cura del dolore cronico. 
Questo perché il dolore acuto è causato da una infiammazione, della quale se ne conosce il meccanismo. 
 Le dinamiche del dolore cronico, quello neuropatico ad esempio, sono invece per lo più sconosciute e quindi anche la terapia funziona per tentativi e prove.

Quali sono le differenze terapeutiche tra dolore acuto e cronico?
Per il dolore acuto si utilizza una classe di composti chiamati FANS, che agiscono sull’infiammazione, oltre a oppiacei e oppioidi mentre per il dolore cronico si preferiscono farmaci come gli anticonvulsivi (pregablin, gabapentina) e gli antidepressivi come la duloxetina. Queste sostanze (soprattutto gli oppiacei) hanno il problema della dipendenza, che spaventa molti pazienti e che deve essere gestito con il proprio medico attraverso aggiustamenti nel dosaggio. Per il dolore cronico purtroppo non esiste una terapia d’elezione univoca o certa: si va per prove e a ogni combinazione si verifica se funziona o meno.

Qual è la differenza tra oppiacei e oppioidi?
Gli oppiacei sono farmaci di origine naturale e appartengono a questa classe di composti morfina, codeina, tebaina. Si estraggono dall’oppio e ancora non sappiamo come sintetizzarle in laboratorio. Gli oppiodi sono derivati semi o totalmente sintetici e condividono con il precursore solo la capacità di legarsi allo stesso recettore. L’eroina per esempio è un derivato semi sintetico della morfina. Alcuni di questi composti vengono usati per contrastare l’overdose, come il naloxone, o nel dolore post operatorio come nel caso del fentanyl.

Quali sono i meccanismi di azione di questifarmaci?
Gli antidepressivi bloccano il re-uptake della serotonina e della noradrenalina, due neurotrasmettitori coinvolti nella via del dolore. In pratica viene inibito il loro recupero dallo spazio tra le due sinapsi verso il neurone che le ha rilasciate. In questo modo la loro azione si prolunga più del tempo fisiologico standard. Gli oppiacei agiscono invece legandosi ai recettori MOR, DOR e KOR, che bloccano la trasmissione dell’impulso nervoso.

Al dolore cronico si associa spesso l’uso della cannabis …
Sì, i cannabinoidi hanno una spiccata azione antidolorifica. Noi stessi produciamo sostanze chiamate cannabinoidi endogeni che vanno a legarsi ai recettori CB1 e CB2. Il primo è responsabile del controllo del dolore attraverso il legame con l’endocannabinoide anandamide a livello delle stazioni dolorifiche del midollo spinale. Le ultime sperimentazioni per ottenere antidolorifici si rivolgono proprio al nostro sistema interno: invece che introdurre cannabinoidi di sintesi si sta studiando un gruppo di farmaci che blocchino la degradazione degli endocannabinoidi in modo da amplificare l’azione endogena, ossia interna.

Quali sono gli effetti collaterali?
Gli effetti collaterali coprono un ampio spettro di casi. 
Gli oppiodi possono portare a depressione respiratoria, che altro non è che il tipo di morte in caso di overdose di eroina, disfunzioni sessuali, ipotensione, immunosoppressione.
 Ed è per questo motivo che non si adattano a tutte le situazioni e a tutti i pazienti. 
Ad esempio i pazienti malati di Aids non dovrebbero utilizzare gli oppiodi per la cura del dolore cronico, proprio per l’immunosoppressione.
 Come un abito su misura, la terapia va costruita sulla persona, in relazione al meccanismo d’azione del farmaco stesso.

Crediti immagine: pubblico dominio, Pixabay
http://oggiscienza.wordpress.com/2014/04/07/terapia-del-dolore-2-tolgono-il-dolore-ma-fanno-paura/
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